Settanta anni fa il voto alle donne
Le donne e il diritto di voto; un fatto che sembra scontato ma che fino alla metà del secolo scorso non lo era affatto. L’Italia approva il suffragio femminile solo alla fine dell’ultima guerra:
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dopo la Nuova Zelanda nel 1893
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l’Australia e paesi scandinavi ai primi del ‘900
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la Russia, con la Rivoluzione d’Ottobre
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la Gran Bretagna e la Germania dopo la Prima guerra mondiale
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gli Stati Uniti nel 1920
Il percorso lungo e difficoltoso del suffragio universale parte dal lontano 1877, quando Anna Maria Mozzoni, considerata la pioniera del nostro femminismo, presenta al Parlamento la prima petizione a favore del voto femminile. Ci vollero altri settant’anni prima che le donne italiane potessero cominciare a esprimere la propria opinione politica attraverso il voto, in occasione delle elezioni amministrative e poi col referendum del 1946. Ma la parità – quella sostanziale – non è cosa assodata, anzi. A titolo di esempio il divario salariale tra donne e uomini riflette le discriminazioni e le disuguaglianze sul mercato del lavoro che colpiscono ancora e soprattutto le donne. Le cause di questo fenomeno sono complesse e correlate. Sebbene le qualifiche delle donne siano uguali o anche migliori rispetto a quelle degli uomini, spesso le loro competenze non ricevono lo stesso riconoscimento e la loro carriera si può definire perlomeno più lenta. E poichè le donne percepiscono una retribuzione oraria inferiore e perlopiù per ragioni di famiglia accumulano un minor numero di ore di lavoro nel corso della loro vita rispetto agli uomini, anche le loro pensioni sono ridotte. Di conseguenza, tra gli anziani vi sono più donne in stato di povertà rispetto agli uomini. In Europa, a oggi, le aspettative dei nascituri maschi e femmine a livello di istruzione e di carriera sono diverse. Se non cambia nulla da qui al momento in cui saranno grandi, il maschio guadagnerà in media il 16% in più della femmina. Sintetizzare il problema della democrazia paritaria con le ” quote rosa” è l’offesa più grande che si possa fare al genere femminile. Non è una questione di quote, e tanto meno di politica, è una questione di democrazia: condivisione degli spazi pubblici, e privati, eguale partecipazione in tutti i settori. Però, in realtà, in Italia niente è dato per natura. I diritti acquisiti sono stati frutto di battaglie e lotte, soprattutto per noi donne. Fino al 1981 era normale che ci fossero, per fare un esempio, il matrimonio riparatore e il delitto d’onore, c’è voluta una legge per fermare il tutto (legge 442).
Per cui piaccia o no, le leggi servono, sono un pilastro, con il tempo fanno cambiare la cultura e il pensiero in un paese. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, che introdusse il diritto di voto alle donne nel 1948, dice anche all’articolo 21: “Chiunque ha il diritto di prendere parte al governo del proprio paese, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti”. Obtorto collo, ben vengano. quindi, le quote rosa nei consigli regionali, con la proposta di almeno il 40 per cento di presenza femminile. Approvata alla Camera, febbraio 2016, con
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334 voti a favore
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91 contrari (Lega, M5s e Ala)
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21 astenuti (Conservatori e riformisti e Fratelli d’Italia).
Ed emerge anche che le quote rosa fanno bene alla politica perché inserire le signore non abbassa la qualità e non è anti-meritocratico, anzi aumentando il numero delle candidate aumenta la qualità degli eletti. Lo dice anche uno studio della Bocconi, effettuato su 8100 comuni, che ha confrontato i comuni, con e senza quote rosa, misurando la qualità dei candidati sugli anni di istruzione e sul tipo di occupazione. Ma ….. Democrazia Paritaria, ancora una sconosciuta? Nessuna donna vorrebbe parlare di parità di genere, ma se ne parliamo significa che il problema è reale; nel mondo del lavoro, nella vita privata e in politica. Per cui ben vengano tutte le iniziative volte a ricordarci che il diritto di voto è, nel mondo occidentale, una conquista assodata, ma serve un’ulteriore spinta sulla strada per il diritto a essere elette, Sul tema in Consiglio Comunale abbiamo approvato all’unanimità la mozione proposta da PD, SEL e Gruppo Misto Zurlo, volta a chiedere la celebrazione dei 70 anni di voto alle donne e di Maria Barbero prima eletta a Collegno.
In particolare si vorrebbe:
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istituire una borsa di studio per incentivare i giovani ad approfondire il tema
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organizzare un momento informativo/formativo a beneficio dei dipendenti comunali, consiglieri, assessori e aperto alla cittadinanza
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far stampare un manifesto da affiggere in Città che celebri i 70 anni di voto alle donne in occasione della data simbolo del 2 giugno 2016
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apporre – presso la Residenza per gli anziani a lei intitolata – una targa ricordo intestata a Maria Barbero l’unica donna candidata ed eletta nella nostra Città nel 1946.
Isabella Beraudo
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