Il Consiglio Comunale aperto dello scorso lunedì 13 marzo 2017 è stato celebrato per condividere con la cittadinanza il quadro della migrazione in Italia con una attenzione particolare al territorio piemontese e della Città Metropolitana. Informazioni e dati chiari sono stati forniti dalla dottoressa Donatella Giunti della Prefettura di Torino, da don Fredo Olivero, ex direttore della Pastorale Migranti della Diocesi di Torino e da Ignazio Schintu, responsabile del centro di accoglienza della Croce Rossa di Settimo. Conoscere per comprendere e quindi progettare una accoglienza a Collegno che sia dignitosa, sicura e anche fruttuosa in termini di scambio culturale.

Purtroppo, la parola data ai cittadini a seguire è stata in buona parte malamente occupata da interventi fuori luogo nel merito e nei modi che hanno reso di fatto sterile il confronto successivo tra i consiglieri comunali, facendo mancare i presupposti necessari ad una prima definizione di misure necessarie a livello locale per l’accoglienza dei migranti previsti. Alcuni interventi sono stati fuori luogo nei modi perché condotti in modo strumentale da esponenti politici anche non di Collegno, in particolare della destra leghista (compreso un onorevole e un candidato sindaco di Grugliasco nel prossimo futuro). Lo sono stati anche nel merito perché, oltre a varie inesattezze informative e mistificazioni della realtà, tali interventi hanno preteso di voler affrontare questioni di politica internazionale nella sede del Consiglio Comunale di Collegno senza rendersi conto che il compito a cui è chiamata la Città e chi la amministra e rappresenta (da ogni parte stia seduto) è quello di contribuire ad una giusta ospitalità per le persone che arriveranno sul suo territorio in ogni caso, certamente considerando anche la sicurezza degli abitanti. Non si ferma il vento con le mani.

Possono essere condivise o meno in generale, in teoria, le ragioni delle migrazioni, degli imponenti fenomeni che segnano i nostri anni e il nostro Paese. Ci sono difficoltà, c’è sicuramente timore dell’ignoto e del lontano (si consiglia in proposito il breve saggio di Z. Bauman “Stranieri alle porte”). Oggi però Collegno è chiamata non a dirimere questioni globali, ma più semplicemente a fare la sua parte collaborando con le altre istituzioni, con gli altri Comuni e con la Città Metropolitana, per rispondere all’accoglienza di persone in stato di grave necessità già in Italia, in attesa del loro destino, ovunque esso sarà. Questo, non altro. Rifiutare e portare il confronto dal “come accogliere al meglio” a questioni che neanche possiamo comprendere appieno forse, relative a conflitti lontani, diseguaglianze economiche, persecuzioni e sofferenze, significa sabotare, gettare fumo o illudersi forse che la Città possa erigere proprie mura “contro” degli invasori. Non significa certo ottenere maggiore sicurezza, anzi al contrario. Siamo chiamati ad accogliere dei compagni di vita, uomini, donne come noi, più sfortunati. Quanti? Un numero previsto dalla Prefettura (interlocutore diretto degli enti che curano l’accoglienza, in assenza di adesione del Comune allo Sprar) del tutto ragionevole e gestibile per una Città di 50.000 abitanti circa, dell’ordine massimo (anche non raggiungibile) di 120-130 unità, non tutti concentrati… Ricordando che sono una ventina i migranti già presenti ad oggi e che altri Comuni vicini sono già impegnati in modo consistente.

Potremo allora ascoltare da loro direttamente la realtà dei fatti sulle migrazioni, la realtà dei loro Paesi, dell’Africa, ecc. per poi giudicare davvero bene. Lasciamo che il Consiglio Comunale lavori per questo, tutto insieme, con la lucidità necessaria per il presente che chiede soluzioni nuove a questioni nuove, ma nel solco di una tradizione di solidarietà e pace che la Città vanta nei fatti e non solo a parole.

Federico M. Savia

 

“Siamo chiamati a unire e non dividere. Qualunque sia il prezzo della solidarietà con le vittime collaterali e dirette della forze della globalizzazione che regnano secondo il principio divide et impera, qualunque sia il prezzo dei sacrifici che dovremo pagare nell’immediato, a lungo termine, la solidarietà rimane l’unica via possibile per dare una forma realistica alla speranza di arginare futuri disastri e di non peggiorare la catastrofe in corso”

(Z. Bauman)

(foto da: cinturaovest.it)